Il rapporto tra maestro ed allievo

Nell’epoca attuale, è in aumento il numero delle persone che detestano la figura del “maestro”, intesa non tanto quale insegnante in un ambito ben definito, quanto quale guida spirituale in grado di accompagnare, o comunque di sostenere, il cammino di chi voglia andare alla ricerca di se stesso.

Il maestro Dorje Shiayvam Atothas, di Milano

Ma anche coloro che nel ruolo del maestro vedono un senso ed un’utilità, molto spesso tendono a delinearne i tratti ideali in termini di serietà, disponibilità, correttezza e distacco. Soprattutto gli ultimi due termini utilizzati, correttezza e distacco, sono quelli su cui l’accento è maggiormente posto.

Trattasi anche dei termini più difficili da definire, tanto che è più semplice definirli in negativo, attraverso degli esempi di ciò che non viene tollerato.

Cosa è correttezza? Lo si desumerà dall’aver compreso cosa si intenda per maestro scorretto.

Cosa è distacco? Lo si desumerà dall’aver compreso cosa si intenda per maestro troppo “attaccato”.

Molte sono state le vicende, indubbiamente spiacevoli, di personaggi che hanno abusato del loro ruolo di guida spirituale per perseguire scopi secondari o per gratificare se stessi. Allo stesso modo, frequenti sono stati i maestri che hanno mostrato un atteggiamento invadente, teso al controllo e, talvolta, con un attaccamento emotivo verso l’allievo che ha sconfinato nella morbosità.

Tali vicende non giustificano, peraltro, la pretesa di trovarsi di fronte ad un insegnante che debba essere stato epurato e sterilizzato da tutti quei connotati, assolutamente umani, che sono propri di qualsiasi persona, quasi assomigliasse alla statua di un buddha o alla Sfinge, assolutamente impassibile ad ognuno e ad ogni cosa.

Vivere un rapporto con il proprio “maestro” che corrispondesse esattamente  alle proprie aspettative quanto a correttezza, serietà e distacco, significherebbe non poterne ricevere alcuna utilità, in quanto tutto sarebbe già rigorosamente predeterminato dagli stessi timori della persona che è in cerca di un maestro.

Non ha senso trattare il maestro come amico, quantomeno  finché il rapporto “didattico” è in essere. Ciò in quanto il rapporto di amicizia presuppone una possibilità di scambiare e confrontare le proprie opinioni che presuppone una “parità” su tutti i livelli. Inoltre, in un siffatto rapporto, ogni interazione avverrebbe con ogni probabilità nel piano mentale, il piano dei sì e dei no, il piano delle opinioni, il piano del convincimento e della persuasione; il piano in cui chi ascolta non può fare a meno di filtrare tutto quanto l’altro esterna attraverso i contenuti già installati nella propria mente, finendo con il decidere egli stesso, in definitiva, cosa accogliere e cosa no.

Ma vi è ancora di più. Un maestro dimora in uno stato di coscienza particolarmente elevato.  Uno stato di coscienza in cui non esistono più né il bene né il male, e in cui tutto è possibile. Non puoi prevedere cosa esso farà o dirà, né puoi cercare di comprenderne le motivazioni: ti sfuggirà. E molto spesso, quelle che per te sono stranezze, saranno gli unici comportamenti in grado di smuovere in te i macigni che ti avevano impedito, per anni, di ritrovarti.

Il vero maestro è colui che – non importa come, anche facendoti soffrire – ti fa rendere conto degli aspetti di te su cui devi ancora lavorare. E poco gli importerà se, per riuscire a fare questo, potrai odiarlo ed anche allontanarti da lui.

Questo è chiaro per lui, ma potrebbe non esserlo per te, e potrebbe essere dolorosa un’esperienza di tal genere se quel rapporto, per te, avesse il significato di una normale amicizia.

Recita un proverbio tibetano:

Se consideri il tuo maestro come un cane, il suo insegnamento sarà per te come cibo avariato.

Se consideri il tuo maestro come un amico, il suo insegnamento sarà per te come normale cibo fresco.

Se consideri il tuo maestro come un’incarnazione divina, allora il suo insegnamento sarà per te come il nettare divino.

Sei tu – esattamente come con un personaggio famoso, che puoi decidere di far diventare l’oggetto del tuo odio o il tuo idolo – a determinare quanto il tuo maestro potrà schiudere la divinità che è in te. Ma per far questo, dovrai impostare bene il rapporto.

Non va bene l’atteggiamento di self-confidence “alla pari” che si avrebbe con un amico, così come non avrebbe senso pretendere un eccessivo distacco emotivo. Ed allora, quale la modalità con cui rapportarsi al soggetto che abbiamo scelto come “maestro”?

In questo video il tema viene affrontato con riferimento ad una strada spirituale molto antica: il Tantra. Percorso indubbiamente vasto dal quale si sono diramate decine di strade collaterali, e che ad oggi anima la quasi totalità dei percorsi vecchi e nuovi, spesso senza che nemmeno lo si sappia.

Qual’era, e quale dovrebbe essere, secondo il Tantra (oggi vivo in quasi tutte le tradizioni legate ai temi dell’energia, della spiritualità e della consapevolezza), la modalità corretta per un rapporto maestro-allievo che sia veramente fecondo?

Il video lo spiega: il rapporto maestro-allievo dovrà avvenire tutto in una dimensione che sia oltre il piano mentale ed il piano dell’ego. Un piano in cui ogni filtro mentale sia venuto meno. E tale piano è il piano dell’amore senza giudizi o confini. Da ciò si desume un’importante conclusione:

maestro ed allievo devono amarsi, in quanto soltanto in tale stato di coscienza sarà possibile un’autentica condivisione.

Tra due amanti, il filtro della mente è stato abolito. Lo scambio avviene su un piano che è “oltre”, che è al sicuro da ogni possibile sabotaggio o meccanismo di difesa della mente.

Su quel piano, tra gli amanti vi è la più totale ed assoluta fiducia. Del tuo amante ti fidi, ed anzi, non ti poni più nemmeno il dubbio di non poterti fidare.

Su un tale piano, è stata superata la preoccupazione su ciò che possa essere opportuno fare o non fare, dire o non dire. Perchè si è oltre il piano della mente, della parola, dei concetti.

 

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